Gli orridi spettri di Monselice e Il dolore dei nani di Valmarana
Gli orridi spettri di Monselice
Sono tre i fantasmi che infestano le notti del castello di Monselice che fu riedificato da Ezzelino da Romano sopra i resti di una struttura ben più antica, il primo fantasma è Avalda, l’amante, Jacopino da Carrara, il signore di Monselice e dell’amante Giuditta. Il primo fantasma Avalda era di piccola statura con la carnagione chiara, in base alla leggenda appare vestita di bianco con un abito zuppo di sangue, crudele e spietata quanto il tiranno Ezzelino che le regalò il castello; infatti la giovane donna si circondava sempre di uomini affascinanti che faceva uccidere con crudeli torture, dopo aver soddisfatto la sua lussuria.
La donna inoltre praticava la negromanzia e la stregoneria e sapeva adoperare con una certa dimestichezza il veleno. Quando Ezzelino scoprì le sue crudeltà ordinò a un sicario di ucciderla nel castello dove ancor oggi vaga in cerca di pace. A passo lento lungo i corridoi avanza Jacopino Da Carrara trascinandosi con l’ausilio di un bastone, ha un aspetto magro, con capelli grigi molto lunghi e spettinati.
Fu nominato signore di Padova il 1350 con lo zio Francesco, da quest’ultimo fu poi rinchiuso nel castello perché sospettato di tramargli alle spalle. Jacopino fu imprigionato per diciassette anni, fu stabilita la morte per deperimento, le sue urla riecheggiavano per tutto il castello fino alla sua morte.
A Giuditta, amante di Jacopino, fu nascosta la terribile sorte del suo amante, ella vaga ancora per le stanze del castello e lungo le strade chiedendo ai passanti notizie di Jacopino.
Il dolore dei nani di Valmarana
Un uomo aristocratico vicentino aveva una figlia di nome Jana con un meraviglioso volto ma dal corpo deforme e nano, che egli amava incondizionatamente. L’amorevole padre, per proteggere la sua amata figlia dalle conseguenze dolorose della sua deformità, costruì una ingente villa nei pressi del Monte Berico, circondata da una schiera di nani e nane pronti a esaudire ogni suo desiderio, in tal modo la fanciulla non si rendeva conto del suo problema fisico né stava a contatto con persone differenti da quelle che la circondavano.
Infatti alla fanciulla era proibito di affacciarsi alle finestre e non poteva uscire dalla splendida dimora che il padre aveva costruito solo per lei. La fanciulla cresceva in un piccolo mondo su misura per lei, ignara di come potesse essere la realtà e di cosa accadeva oltre quelle mura, inconsapevole anche delle gioie e dell’amore.
La ragazza era molto intelligente e per natura curiosa infatti, crescendo, dopo aver letto tutta la libreria paterna, dalla quale erano stati nascosti i volumi che potevano rivelare il suo segreto, la piccola decise che era il momento giusto per avventurarsi nel mondo, a dispetto di quanto le aveva detto il padre. Con questa forte curiosità, la fanciulla decise di affacciarsi alla finestra proprio nel momento in cui passava un meraviglioso giovane a cavallo, un principe che passava lungo la strada sottostante.
Il principe si innamorò dello splendido viso della fanciulla ma quando lei si affacciò sul balcone mostrando il suo corpo, disgustato fuggì. Jana cercò di richiamare il suo amato ormai in fuga ma senza successo. In quel momento si rese conto della sua brutalità e la fanciulla, nel pieno della disperazione, decise di togliersi la vita gettandosi dal balcone.
Si tramanda che i nanetti servitori, risalendo il muro di cinta per vedere l’accaduto, si impietrirono per il dolore della morte della piccola padroncina. Ancor oggi è possibile ammirare in questa posizione, presso Villa Valmarana, i nanetti come numerose figure decorative. La villa è infatti conosciuta come Villa dei Nani.
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